Il derby tra Ascoli e Sambenedettese non è solo una partita: è una lente d’ingrandimento sulla memoria del Piceno, un rituale che si ripete da generazioni e che racconta identità, orgoglio e appartenenza. Quando le squadre escono in campo, non contano soltanto i punti in palio: contano le storie di chi ha tifato fino all’ultima curva, i ricordi di chi ha vissuto i derby tra Ballarin e Del Duca, e le promesse di chi sogna una sfida che sia ancora più significativa. Dopo 39 anni di assenza ufficiale, questa attesa riaccende una fiamma che attraversa le piazze, i bar e le case: è una pagina di vita condivisa, un viaggio nel tempo che ancora incanta.
Radici profonde e momenti chiave
Il primo incrocio ufficiale risale al 1927: l’Ascoli in maglia bianca superò la Sambenedettese verde a Campo dei Giardini con un 4-2 che restò impresso nei cuori delle tifoserie. Da allora sono stati 36 derby tra campionato e coppa, con momenti di grande pathos tra promozioni e sorprese. Una pagina tragica resta impressa: il 14 febbraio 1965, Strulli perse la vita in uno scontro ravvicinato, un dolore che segnò l’equilibrio tra le due sponde. Negli anni successivi, tra i derby degli anni Settanta e Ottanta, la rivalità tra Rozzi, Mazzone e Boskov alimentò una leggenda capace di spingere le squadre verso traguardi nazionali. L’ultimo incrocio ufficiale, del 3 settembre 1986 in Coppa Italia, vide Vincenzi decidere l’incontro per 1-0; poco prima, in campionato, era arrivato un pareggio 0-0 che aveva mantenuto viva la rivalità e le speranze di promozione dell’Ascoli.
Una generazione attende, una memoria viva
Oggi sono passati 39 anni dall’ultimo incrocio ufficiale. Alle cronache si aggiunge una nuova generazione di giocatori e tifosi che ancora non ha visto il derby, ma che è pronta a viverlo con la stessa intensità dei tempi passati. Nelle piazze, nei bar, sui muri delle città, si respira un’aura di attesa: la passione resta invariata, si alimenta di cori, abbracci e della possibilità di trasformare una sconfitta in lezione, una vittoria in orgoglio. E tra le frasi che circolano, emerge la memora di chi ha vissuto i derby: questa rivalità non è debolezza ma coraggio, è l’emblema di una comunità che conosce bene il valore di questa sfida e che, come ricordava Mazzone, chi ha giocato Ascoli – Samb non ha paura di niente.
Verso un nuovo capitolo: identità e territorio
Oggi la rivalità non è solo una sfida sportiva: è un viaggio nel tempo che riporta al cuore della Marche. Il derby è simbolo di identità per due città distanti poco meno di 30 chilometri, unite da una memoria condivisa e dallo stesso amore per il calcio marchigiano. Quando le squadre scenderanno in campo, non scenderanno solo undici atleti: scenderanno storie, tifoserie, e la promessa di riaprire una pagina che possa raccontare nuove emozioni alle generazioni future. In questa attesa si intrecciano speranza, rispetto e la ferma convinzione che il tempo del derby possa restare aperto nel cuore della gente, come una memoria che non si spegne mai.